sabato 24 ottobre 2009

L'ultimo lavoro della mia vita





Ormai Andrè è morto da tempo, sdraiato sul letto con la camicia piena di sangue. Attendo l’alba qua in questo schifoso motel. Una bottiglia a farmi compagnia e due sacchi di banconote che non spenderò mai. Le luci delle auto della polizia continuano a filtrare attraverso le tende, illuminando a intermittenza questa squallida stanza.
Rassicuravo Andrè dicendogli che sarebbe andato tutto bene. Dicevo di essere al sicuro ormai, ma Jimmy deve aver parlato. Lo sapevo. Eppure lo sapevo; me lo sentivo che sarebbe andata male stavolta. Quanti coglioni sono stati fregati, pensando che fosse l’ultimo colpo della loro vita. Un bel colpo, un lavoro in grande. Quanto basta per scappare in un paesino nel buco di culo del Messico e rimanerci ,vivendo da milionario. E invece eccomi qua. Aspettavo Jimmy, ma al suo posto è arrivata la polizia. Ma facciamo un po’ di chiarezza in questa storia. Lasciate che ve la racconti dall’inizio.


Andrè venne a trovarmi nei primi di agosto. Io vivevo insieme a Donna, in una casetta sulle rive del lago nella contea di Salt lake.
Me ne stavo sulla veranda a mandar via dalla bocca quel sapore di pesce e alghe marce, che impestava l’aria, con una birra gelata, quando una moto di grossa cilindrata si ferma davanti a me. Era Andrè. Maledetto lui e il momento che accettai. Non lo vedevo da tre anni e solo Dio sa come era riuscito a trovarmi.
-Duke, vecchio bastardo- Biascicò, con quell’accento del sud che pareva avesse sempre una patata mezza masticata in bocca.
-Andrè, gran figlio di puttana- Risposi al saluto -Cosa cazzo ci fai quaggiù?-
-Sono venuto trovare un vecchio amico, perché non si può?- Non credetti mai a quella evidente scusa, e nei successivi trenta minuti ebbi la conferma di aver ragione.
Scambiati altri inutili saluti lo presentai a Donna e ci stappammo due birre. Scendemmo fino alla riva del lago, mettendo i piedi a mollo per combattere l’afa estiva. –Cristo santo se puzza questo lago- Disse Andrè prima di dare una lunga sorsata dalla bottiglia.
-Ascolta Andrè… Tu non sei il tipo di fare visita ai vecchi amici, così, per cortesia. Cosa cazzo ti porta quaggiù?-
Staccò la bocca dalla bottiglia e si passò il dorso della mano per asciugarsela. –Beh! Sai com’è!? Non ci vediamo dai tempi del Country club. Diciamo che il lavoro ci fruttò abbastanza, ma ormai saranno finiti anche a te quei verdoni. O sbaglio?-


Non sbagliava. Il colpo al Country club mi permise di vivere da signore per un bel po’, ma quei soldi erano ormai finiti da un pezzo. Per uno come me, a cui un impiego durava circa tre mesi non era facile metter via qualcosa. Ma che ci posso fare. Non sono il tipo da sopportare quei lavoretti del cazzo da impiegatuccio medio di provincia. Io voglio vivere da signore. Che non significa pieno di soldi come molti pensano, ma libero. Libero di stare una giornata con i piedi nel lago, una confezione da sei nella borsa frigo e la mia Donna accanto. Aspettando che il sole si spenga nell’acqua.


-Diciamo che qualche spicciolo mi farebbe comodo, non sono tempi facili questi- Risposi alla fine, dopo averci pensato su.
-Appunto. Vedi che siamo sempre in sintonia!? Ho per le mani una cosa grossa, di quelle che ti sistemi una volta per tutte-
-Andrè non ci ho mai creduto al colpo della vita. Lo sai sono solo cazzate e finisce che gran parte del resto della vita lo passi in galera. Non ho più trent’anni amico. Non me lo posso permettere un soggiorno prolungato nella prigione di stato-
-Ma guarda che è una cosa semplice. Un lavoretto da tre. Tre persone giuste e ci becchiamo mezzo testone per uno-
Cinquecentomila dollari. Cazzo. Risolverebbero tutti i miei casini e potrei assicurare un futuro a me e a Donna, che anche lei sfiora la cinquantina. Un futuro come piace a noi.
- Ascolta Duke. Ascolta il piano prima di dire di no. È un gioco da ragazzi-
-Tutti quelli che hanno organizzato qualcosa, pensando che fosse un gioco da ragazzi sono stati sempre fottuti. Non lo so Andrè…-
-Ascolta almeno il piano prima. Cazzo Duke, prima di rifiutare mezzo testone facile…-
-Va bene Andrè. Dimmi il piano- Errore madornale. È quasi scontato che chi ascolta il piano lo ha già accettato per metà. Maledizione, era la cifra del bottino che mi faceva girare la testa.
-Allora. Ascolta. Il 15 agosto a Las Vegas, chiuderanno due banche dello stesso gruppo. Una per essere ristrutturata e l’altra per le ferie estive, solo una terza rimarrà aperta. Ci sei?! Un furgone passerà dalla prima per ritirare i soldi. Poi proseguirà verso l’altra banca per fare il carico e portarlo alla centrale a Los Angeles. La strada che dovrà compiere il furgone della sicurezza, dovrà però deviare ber un breve tratto in una strada secondaria che passa attraverso il deserto, perché nella principale stanno ristrutturando il manto stradale. Ed ecco che noi saremo lì ad aspettarli. Per aumentare la sicurezza del viaggio, hanno anticipato il prelievo di un giorno rispetto a quello standard. Ma noi questa informazione confidenziale l’abbiamo dalla nostra.-
-Se è confidenziale come fai a saperlo?- Dissi dubbioso.
-È qui che entra in scena il nostro terzo uomo. Jimmy Carter. Assunto da sei mesi allo sportello di una delle filiali minori. Ha sentito la conversazione al telefono, mentre lo comunicavano al direttore.-
-E possiamo fidarci di questo Jimmy? Chi cazzo è, chi lo conosce?- Mi accorgevo solo ora che già pensavo ai dettagli. Nella mia mente già si evidenziavano le possibili varianti, anche se Andrè non aveva ancora accennato a come rapinare il furgone. Cazzo, era come se avessi già accettato.
-Ti ricordi di Jenna?-
-Si- Jenna era la sorella di Andrè. Era più giovane di qualche anno, ma quando noi ancora provavamo a farci qualche cheerleader del college lei aveva già assaggiato mezzo campus. Jenna. La conobbi meglio qualche anno dopo. Capite cosa intendo, vero?
-Beh! Jenna si è sposata. E prova a dire con chi?-
-Fammi indovinare… con Jimmy Carter?- Risposi sorridendo.
Andrè annuì ridendo, battendosi la mano sulla coscia per sottolineare la sua felicità.
-E come pensi di fermare un furgone blindato?-. Ormai mi stava sempre più convincendo, ma cercavo di mettere più dubbi possibili tra me e il piano. Solo ora rimpiango di non aver seguito quella linea di pensiero. Se l’avessi fatto, non mi troverei in questo casino.
-Al furgone ci pensa Jimmy. È un ex marine e ci sa fare con gli esplosivi. Ma aspetta ora ti racconto tutto.-


Fummo interrotti da Donna che ci chiamò per la cena. Dovemmo interrompere il discorso. Sarebbe stato un casino se si fosse accorta cosa stava proponendomi Andrè. Sapeva dei miei trascorsi, ma gli avevo assicurato di non farlo mai più. E ci credevo fermamente a quella promessa. Prima di oggi.
A tavola parlammo del più e del meno, come se niente fosse. In fondo eravamo amici dal tempo del college io e Andrè e non ci fu difficile discorrere senza entrare in particolari, poco piacevoli, diciamo così.
Sembrava andare tutto per il meglio, quando a fine cena mi alzai per stappare altre due birre.
-Insomma è tanto che non vi sentivate più te e Duke- Disse Donna
-Sì- Rispose Andrè -Dai tempi del Country cl…- Le parole morirono in bocca di Andrè. Ma ormai era troppo tardi.
Donna mi guardò con un aria strana e Andrè se ne andò velocemente con una scusa. Lo accompagnai alla moto.
-Scusa amico. Accidenti alla mia boccaccia-
-Va bene Andrè, non preoccuparti. Dopo ci parlerò, vedrai che capirà-
Lo salutai e tornai in casa. Con un appuntamento per l’indomani. Avevo quindi già accettato? Allora non lo sapevo ma oggi posso rispondere di sì. Purtroppo lo avevo già accettato.


Rientrai in casa.
-Senti Donna…-
-Non una parola di più, Duke. Non so cosa a spinto il tuo amico a venire qua. Spero sia solo una visita di piacere, perché lo sai bene come la penso su certe cose.- Era sulla porta di cucina. Ancora bella come quando la incontrai. Un grembiule rosso stretto in vita e i guanti per i piatti alle mani. Donna era l’unica cosa che avevo e sarei stato finito se l’avessi persa.
-Senti… Ascoltami amore. Non abbiamo più un soldo e lo sai, io per i lavoretti giù in paese non sono portato…-
-Allora era come immaginavo. Duke non scherzare nemmeno. Mi avevi promesso che il Country club era l’ultimo, che saremmo stati qua in riva al lago. Noi due e il sole, dicevi. Avresti trovato un lavoretto che bastasse per noi due, dicevi. Allora erano tutte bugie!- Aveva le lacrime agli occhi e la voce rotta. Mi sentii un verme nel vederla così, ma io a fare il meccanico o il postino della strafottuta provincia non ci sarei mai finito.
-Sarà l’ultimo. Lo giuro. Ci sono in palio un sacco di soldi, amore. Ci sistemeremo per il resto della vita e potrai smettere di fare le pulizie a casa di quella vecchiaccia della Brown. Ascoltami tesoro. È una cosa semplicissima… Nessun rischio, lo giuro-
-Lo giuro. Avevi giurato tante cose Duke. Avevi giurato che sarebbe stato l’ultimo. Hai cinquantacinque anni Duke. Dannazione se ti mettono dentro io cosa faccio. Con i tuoi precedenti ti buttano fuori quando sarai già vecchio. Ed io dovrò stare qui ad aspettarti tutti quegli anni, qui da sola. Ma non ci pensi a me… eh!?- Adesso le lacrime gli scendevano lungo le guance. Ma ormai, inconsapevolmente la mia decisione era già presa.
-Senti. Domani vado a parlare con Andrè. Ti prometto che se non è una cosa facile come dice ci rinuncio. Va bene?-
Donna non rispose. Mi guardò con l’espressione più triste che avevo visto in vita mia, poi si girò e cominciò a lavare i piatti.
La sentii piangere mentre uscivo dalla porta.


Tornai in casa solo quando vidi le luci spente. Aspettai ancora un po’ per essere sicuro che dormisse. Per non dover incontrare il suo sguardo. Mi spogliai e infilai nel letto più silenziosamente che potei per non svegliarla.
-Ripensaci Duke. Non farlo. Per favore- Sussurrò nel buio.
Non dormii quella notte, rimasi a guardare il soffitto ascoltando i singhiozzi di Donna.
Prima dell’alba si addormentò. Mi alzai dal letto ed andai all’appuntamento.
Arrivai alla tavola calda con circa quaranta minuti di anticipo. Bevvi diversi caffè prima che Andrè arrivasse con il tipo che poi si presentò come Jimmy. Andrè si accorse della faccia scura che avevo e fece sparire subito il sorriso che lo accompagnava sempre.


Era un sognatore, Andrè. Fin da ragazzi, quando scendevamo al fiume per fumare un po’ d’erba. Lui parlava e parlava con lo sguardo all’orizzonte come potesse già vedere il futuro. Io invece lo ascoltavo in silenzio. Allora lui smetteva di parlare di punto in bianco e mi guardava. –Hai perso la lingua?- Diceva sorridendo. Duke il silenzioso, mi chiamava, con quel sorriso sempre stampato in faccia. -Duke il silenzioso e Andrè il sognatore- Rispondevo io, interrompendo il silenzio. -Sempre insieme- Chiudeva il cerchio Andrè.


-Allora- Disse Jimmy -Tutti d’accordo?-
-Si. Tutti d’accordo- Risposi io.
Ci salutammo ed ognuno andò per la sua strada.
Andrè fece per chiedermi qualcosa, probabilmente su Donna, ma io feci finta di niente e ingranai la marcia.


Il piano era semplice. Verso le 13.00 del 15 agosto il furgone avrebbe prelevato dalla prima banca. Quando passava davanti alla seconda io lo avrei seguito a distanza. La deviazione era obbligatoria quindi non avrei destato sospetti anche se mi avessero visto. Jimmy e Andrè avrebbero aspettato al decimo chilometro della strada secondaria, dopo aver inscenato il finto incidente. Pistole in pugno avremmo bloccato le guardie mentre Jimmy faceva saltare il portellone posteriore del furgone. Preso il bottino saremmo scappati in tre direzioni diverse, cambiando le auto lungo la strada, per poi ritrovarci al motel in cui sono adesso.
Semplice, anche troppo.
Alla mia incertezza su come avrebbero reagito le guardie, Andrè rispose che, solo tre mesi prima, c’era stata una rapina in una banca. La guardia era intervenuta ed era stata ferita. C’era stata diversa polemica al riguardo, perché gli onorari pagati dalle banche non permettevano alle agenzie di vigilanza di mettere le guardie in coppia, certamente più avvantaggiati che posizionati singolarmente come erano. Diversi di loro si lamentavano di dover rischiare la vita per uno stipendio minimo, per fare la guardia a dei soldi, per di più assicurati. Andrè era certo della poca reattività delle guardie: scontente e prese di sprovvista.
Preparai mentalmente il mio ruolo. Pensai e ripensai se ci fosse sfuggito qualcosa. Immaginai la scena in tutte le sue possibilità.


In quasi tutte.
Era il 15 mattina.
Salutai Donna che mi guardava vestirmi dal letto.
Mi avvicinai per baciarla ma lei si scansò.
-Duke…- Disse, quando ero sulla porta.
-Comunque vada, io non ti aspetterò- Piangeva.
La guardai e me ne andai senza risponderle. Ero sicuro che la felicità di vedermi tornare sano e salvo ci avrebbe fatto superare tutto questo. E poi avrei avuto con me mezzo milione di dollari.


Arrivai a Los Angeles leggermente in anticipo e mi sedetti su una panchina, con un giornale e una birra, vicino alla seconda banca.
Alle 13 in punto il furgone si fermò davanti a me. Io mi alzai, finii lentamente la mia birra e montai nell’auto che avevo parcheggiato dall’altro lato della strada. Partimmo. Tutto sembrava andare bene. Alla deviazione il furgoncino svoltò verso la strada poco trafficata. Io lo seguivo a distanza.
Quando arrivammo sul posto, le auto di Jimmy ed Andrè bloccavano la strada. Dal cofano di una delle auto usciva un fumo bianco e denso. Ghiaccio secco, piccolo trucco. Andrè era in terra sporco di sangue finto. Jimmy si avvicinò velocemente al furgone fingendo di chiedere aiuto, mentre l’autista alla radio stava già chiamando i soccorsi. Dieci minuti da ora.
Jimmy puntò la pistola attraverso la portiera aperta. Io aggirai il furgone da dietro e feci scendere l’autista. Mentre Andrè gli dava il cambio, Jimmy, preparò l’esplosivo per far saltare il portellone posteriore. Non volevamo perdere tempo a convincere i due ad aprirci. Un bel botto sarebbe stato sicuramente più veloce.
Jimmy posizionò il detonatore sul piccolo quantitativo di c4 appiccicato al furgone. Sembrava andare tutto per il meglio. Invece.


Aspettavamo il rumore dell’esplosione mentre legavamo le mani delle guardie con le fascette di plastica.
Niente. Nessun rumore. Nessuna esplosione.
-Cosa succede- Urlò Andrè.
-Non lo so, non esplode- Rispose Jimmy, che tornò ad armeggiare col detonatore.
In lontananza si udirono le sirene dell’ambulanza.
Andrè si voltò verso una guardia –La combinazione del portellone, avanti!-
La guardi rimase in silenzio. –Dammi la combinazione o ti sparo in testa, bastardo!-
Silenzio. Fottutissimo eroe.
-Muoviti cazzo- Urlò Andrè


Io intanto maledicevo in silenzio l’ex marine, esperto di esplosivi. Quella testa di cazzo stava mandando tutto a puttane e per mantenere la calma immaginavo nella mia testa le serate con Donna, in riva al fiume. Immaginavo che faccia avrebbe fatto quando l’avrei fatta venire in Messico. Preparavo mentalmente le frasi che le avrei detto per convincerla, sicuro che l’avrei convinta.


-Muoviti cazzo, muoviti. Quanto ti ci vuole, stronzo- Urlava Andrè.
Davanti ad una nuvola di polvere si vedeva correre veloce l’ambulanza. Ma ci accorgemmo che era accompagnata da una pattuglia di polizia. Probabilmente il conducente del furgoncino della sicurezza aveva mangiato la foglia.
La volante della polizia era sempre più vicina, quando udimmo l’esplosione.
Alla fine Jimmy ce l’aveva fatta, ma ora avremmo dovuto scappare dalla polizia.
Buttammo le mazzette nei sacchi, mentre Andrè aveva già girato le auto per scappare.
Tornò al furgone con noi e ci dette mano a finire il lavoro.
Corremmo veloci verso le auto, ma i due poliziotti erano già scesi.
Il rumore degli spari mi gelò il sangue nelle vene, quando Andrè urlò. Lo vidi rallentare fino ad appoggiare un ginocchio a terra. Sparai due colpi verso i poliziotti e ne vidi uno cadere a terra.
Buttai i sacchi in macchina e mi avvicinai ad Andrè e con la mano libera lo presi per la cintura facendolo alzare. Jimmy intanto era arrivato alla sua macchina e sparava contro lo sbirro rimasto. Infilai Andrè al posto del passeggero e partii come un razzo, lasciando quello stronzo di Jimmy dietro di noi, mentre sentivo arrivare altre sirene in lontananza.


Ma io ero sempre più lontano.


Parlavo ad Andrè che si teneva il fianco e singhiozzava per la paura e per il dolore, mentre il sangue gli inzuppava la camicia.
-Avanti amico, sta calmo. Andrà tutto bene- Ed altre puttanate simili.
In realtà nulla era andato bene. Jimmy aveva trasformato un piano perfettamente riuscito in una stronzata mondiale. Aveva impiegato otto minuti, dei dieci che avevamo, per fare una cosa che avrebbe dovuto provare e riprovare nei giorni precedenti


Cambiai l’auto, trascinando Andrè da una all’altra. Era sempre più pallido e tremava come una foglia.
-Avanti amico, ci siamo quasi- Sussurravo, ma lui mi guardava triste e spaventato.
Stava morendo.


Arrivammo al motel sicuro che nessuno ci avesse visti.
Entrai nella stanza già prenotata con la chiave che ci aveva dato Jimmy alla tavola calda.


Gettai il sacco di banconote sporco di sangue sulla moquette e stesi Andrè sul letto. Tirai la tenda alla finestra e accesi la piccola luce da comodino. Aprii la camicia di Andrè e cominciai a pulire la ferita con un asciugamano che avevo bagnato. Tutto questo in meno di venti secondi. L’adrenalina scorreva a fiumi e aumentò ancora di più quando vidi la ferita di Andrè. Forse lui si accorse della mia espressione -Sono fottuto, vero?-
La pallottola lo aveva preso sul fianco destro e non c’era foro di uscita. Era ancora dentro e se gli aveva preso il fegato per il mio amico ci sarebbe stato poco da fare. -Ma no, vedrai che andrà tutto bene. È una cosa da poco-.
-Ex marine del cazzo- Disse Andrè guardandomi.
-Mi spiace amico. Morire in un cazzo di motel, che fine di merda-
-Non dire cazzate bello. È tutto ok. Appena arriva Jimmy ti portiamo da un dottore, ok?- Non so se almeno io credevo in quello che stavo dicendo, di sicuro non ci credeva Andrè.
-Jimmy è stato beccato, gli ho visto alzare le mani mentre scappavamo in auto. Ma sta tranquillo, Duke. Scappa ora, va via e forse ce la fai. Io ormai sono morto- La voce gli si affievoliva sempre di più, era sempre più pallido e freddo.
-Ma che dici? Ora ti metto in auto e andiamo, non ti lascio solo ok?-
Andrè mi guardò, consapevole della sua fine. Sorrise, come faceva giù al fiume da ragazzi. - Duke il silenzioso e Andrè il sognatore…Sempre insieme eh?- Poi chiuse gli occhi, girò la testa e morì.
Passarono attimi, minuti, forse ore. Ero rimasto come catatonico a guardare il sorriso di Andrè che ancora aveva sulla bocca.
A ripensare a quando eravamo al fiume. A Donna.
Furono le sirene a risvegliarmi.
-Arrenditi sei circondato, esci con le mani alzate- ed altre stronzate da telefilm. Jimmy era stato preso e aveva cantato immediatamente come un uccellino. Solo lui sapeva che eravamo qua e non aveva perso tempo a dirglielo.


Ormai Andrè è morto da tempo, sdraiato sul letto con la camicia piena di sangue. Attendo l’alba qua in questo schifoso motel. Una bottiglia a farmi compagnia e due sacchi di banconote che non spenderò mai. Le luci delle auto della polizia continuano a filtrare attraverso le tende, illuminando a intermittenza questa squallida stanza.
Lo so, lo so che l’ho già detto. Ma ora che ho concluso di raccontarvi la mia storia, torno a pensare che sono un uomo finito. Il mio amore, Donna, non la vedrò mai più se non attraverso delle sbarre. Ma lei non verrà mai a trovarmi, lo so, lo ha detto. Probabilmente ho ucciso un poliziotto e ho visto dentro come trattano gli ammazzasbirri. Se invece non è morto e se riesco a sopravvivere al carcere, uscirò giusto in tempo per vedermi vecchio e solo, a rimpiangere ancora di più la libertà che ho perduto. In ogni caso non avrei un buon futuro.


Ora capisco i credenti: Quando non hai più forza per combattere, o ti rivolgi a Cristo o ti ficchi una pistola in bocca.


Ma io non sono credente.


Nessun commento:

Posta un commento

Un pessimista è un ottimista ben informato