venerdì 25 settembre 2009

La babele di carne e catrame: Capitolo II


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La Babele di Carne e Catrame è un racconto misto a elaborazioni grafiche di  Charles Huxley,
che vi condurrà in un attualissimo futuro.
Edito dalla Edizioni Willoworld attraverso il servizio di autopubblicazione Lulu,
é il secondo lavoro di Valentino Vannozzi, dopo la raccolta di poesie e pensieri intitolata
Alla Ricerca del Dio Senza Croce.
Novocaina vi ripropone questo racconto pubblicando un capitolo alla settimana.
Buona lettura...
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Le parole scorrevano veloci sullo schermo, ero di nuovo a casa, al sicuro da quella Babele di carne e catrame che vedevo fluire per le strade dalla grande finestra che avevo di fronte. Cercavo notizie, informazioni non filtrate, postate da freelance sui blog illegali, di come fosse andata realmente la repressione della rivolta dei sobborghi, così chiamata dai più diffusi network corporativi. Perfino i megaschermi nelle strade avevano passato le immagini dei manifestanti che attaccavano la polizia, immagini da repertorio, come sempre, realizzati ed elaborati al computer al fine di dare la “giusta” informazione. Ma io cercavo i motivi della rivolta, che nessun organo di pubblica informazione aveva spiegato.
Da quanto era che non splendeva il sole, da quanto la città era senza colori?
Niente, non si trovava niente. Nelle ultime due settimane erano stati chiusi almeno ventidue blog definiti illegali. Da quando era passata la legge sui “crimini disinformativi” ogni blog, che non avesse postato notizie da fonti corporative, era soggetto a un’ indagine per la tutela della pubblica informazione.
Legge peraltro votata dal 71% della popolazione.
Era facile in uno stato di terrore far passare un controllo come una protezione.
Scollegai la porta usb dal polso destro. Il chip che indossavo era definito illegale, cioè non era registrato all’ufficio software e installazioni corporee, che catalogava il nome di chi “indossava” il chip o l’applicazione cibernetica, notificandone ogni eventuale abuso.
Notificandone ogni eventuale uso.


Ma Doc era bravo a fare questi aggeggi.
Il piccolo chip, grosso più o meno come un francobollo, mi permetteva l’anonimato quando giravo in rete e mi evitava di essere perseguitato dalla spam, ormai legale e soprattutto non mi faceva essere segnalato come “abituale frequentatore di siti ritenuti pericolosi”.


Lo schermo sparava immagini a raffica. Disteso sul divano mi sorbivo questa cloaca. Il predicatore gridava il miracolo da dentro il suo impeccabile completo bianco. Donne e uomini cadevano ai suoi piedi, ritrovavano la vista, tornavano a camminare. Illuminati dalla grazia del signore.


-OH SIGNORE! BENEDICI QUESTA SORELLA. OH SIGNORE! RENDI LA VISTA ALLA TUA FIGLIA. OH SIGNORE! FAMMI TRAMITE DEL TUO MIRACOLO!-
Mi chiedevo come fosse possibile essere ancora accecati da quello stesso sole che avrebbe dovuto invece illuminarci, stretti da quella cintura chiusa dai tre lucchetti.


Ironico.
Me lo chiedevo mentre stappavo la prima Smash della sera.


Settai i comandi generali della casa in maniera da non ricevere telefonate, disabilitai il campanello, le luci si fecero lentamente soffuse e il riproduttore selezionò una playlist mp6 in base alle mie onde cerebrali, direttamente dalla rete.
Tutto questo con quattro semplici click sul telecomando.
A mio nonno sarebbe sembrata magia.


Il viaggio iniziò velocemente. Vortici di colori sembravano materializzarsi appena sotto le mie palpebre, accompagnate da una sensazione di formicolio su tutto il corpo. La Smash cominciava a fare effetto.


Ancora una volta Jesus aveva distillato il paradiso.
Per due ore almeno sarei stato fuori da qua.
Ore 20:00, Adieu!
Mi risvegliò la fame. L’effetto della droga liquida aveva lasciato posto ad un sonno senza sogni, per circa quattro ore ero stato assente, non rintracciabile. In pace.
Ma ora avevo fame, una fame incredibile. Effetto collaterale della Smash. Il cervello, prosciugato dagli zuccheri, adesso ne urlava la mancanza.
Mi ci vollero solo pochi passi verso il frigo per ricordarmi di averlo staccato tre giorni prima, da quando un virus ne aveva impestato il sistema centrale. Soprattutto da quando mi ritrovai trecento crediti di spesa mai ordinata. Almeno così credevo.
Programmai il bagno per una doccia calda… e la feci.


Erano le una in punto quando uscii di casa, giusto in tempo per vedere la banda di booster che si allontanava con la centralina di navigazione della mia auto.
700 crediti… maledetti.
Gridai qualcosa dirigendomi verso di loro, ma mi inchiodai quando il più basso, con la testa rasata coperta di tatuaggi, si girò lasciandomi intravedere delle lame affilate tra le nocche della mano sinistra.


Serata storta, la speranza per migliorarla rimaneva ancora lui. Jesus.


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