sabato 19 dicembre 2009

Il seme dell'odio: Capitolo IX -La cena del demone-




Un romanzo breve di:
Jack Lombroso & Jonathan Macini

Ogni settimana un capitolo tutto per voi,
qua su Novocaina
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CI TENIAMO A PRECISARE CHE I CONCETTI ESPRESSI NEL RACCONTO "IL SEME DELL'ODIO" NON RISPECCHIANO NE' LA MENTALITA' DEGLI AUTORI DEL BLOG NE' TANTOMENO QUELLA DEGLI AUTORI DEL RACCONTO.
RITENIAMO CHE OGNI FORMA DI RAZZISMO SIA TERRIBILE E INVOLUTIVA PER TUTTA LA RAZZA UMANA.
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-La cena del demone-


Il ricordo del rituale sopraggiunge solo dopo qualche giorno. Ha bisogno di risalire l’abisso, scavalcare le barriere della coscienza, insinuarsi nell’intimo (o in quello che mi è rimasto dentro), per poi infine essere decodificato dal cervello. Arrivano brevi immagini, flashback, suoni, urla. Lentamente il puzzle si ricompone nella mia testa. A volte i rituali si mischiano tra loro, un’accozzaglia divertente di macchie sanguigne. Come gli ultimi due, ad esempio. Il vecchio tedesco nella toilette dell’aeroporto e la bambina sulla spiaggia. Gli ultimi due prima di quello di oggi, ovviamente.
Sono davanti al televisore. Non so cosa sia successo tre ore fa. Tre ore fa erano le sei, ed io dormivo, ma qualcosa ha abitato il mio corpo e ha fatto un salto in città. Aveva fame. Forse la TV locale ne parlerà tra poco. Forse…
Ecco che mi arrivano altre immagini. Fotogrammi che si sovrappongono alla pellicola di un vecchio film in bianco e nero. Mio padre è andato a giocare a biliardo coi suoi amici. Mi chiedo come riesca a tirare di stecca con quella pancia. Mia madre sonnecchia sulla poltrona accanto a me. Mi piacerebbe farle del male, solo per sapere cosa si prova. Lei che mi ha generato, che ha sofferto per fare uscire dal suo corpo questo frutto malsano, infilarle il coltellaccio nel gargarozzo, vederle sprizzare tutto quel dannato sangue che deve averci in corpo, e ce ne deve avere parecchio visto quanto è grassa. Poi però dovrei pulire il salotto prima che rientri mio padre, e questo davvero non mi và. Lascio perdere e torno ai miei ricordi.
Jeremy spinge la testa dell’uomo sotto l’acqua. Il lago è freddo, ma non ci badiamo. La bambina urla, poi si volta ed incomincia a scappare lungo la spiaggia. Le lascio un po’ di vantaggio prima di mettermi a correre. La osservo (anzi, è Lui che la guarda attraverso i miei occhi, ed è sempre Lui che mi omaggia di questi gustosi ricordi), la coda bionda che sfarfalla, il vestitino rosso a righe, i piedini nudi sul bagnasciuga. Davvero deliziosa…
La caccia dura meno di un minuto. L’immagine della piccola che si dimena diventa quella del vecchio tedesco, seduto sul cesso immacolato di quel maledetto aeroporto. Profumo di cloro e deodorante. Piastrelle antracite e luci al neon. La mano destra premuta sulla sua gola, un sacco di pelle flaccida ripiena di vene e nervi del cazzo. Lui mi guarda con mille interrogativi negli occhi. Due occhi chiarissimi ed umidi, due orribili occhi da vecchio. A Lui non importa se sono vecchi oppure giovani. A Lui piacciono…
Torna il vestitino rosso a righe. L’acqua fredda del lago, lo sciaguattio e le urla. Piccolina… L’afferro per la coda e le spingo la testa sotto l’acqua. Ha solo cinque anni ma si dimena come un torello. La gambine nude che sbattono inutilmente sulla superficie dell’acqua. Le mani che afferrano i miei anfibi cercando una presa per riemergere. Tutto inutile. Sorrido compiaciuto sul divano. No, non è per via di quel vecchio film che stanno passando alla televisione. Sorrido per il tramonto che ci ha investiti proprio in quell’attimo, un globo rossissimo appeso sopra la superficie del lago, e l’acqua che esplode in mille riverberi. “Oggi il sole tramonta alle 6:03 PM.” Aveva detto quella vocina stridula alla radio. E mi ricordo di aver pensato “Ne sarà felice, Lui.” Sì perché, il rituale è legato al tramonto. Il declino del giorno, l’apertura del mondo delle tenebre, il momento del passaggio.
Avvicino la bocca alla testa del vecchio tedesco. Lui non fiata. Sembra quasi intuire quello che gli sta per succedere. Nessuno ci disturba, ed è un bene. A Lui non piace essere disturbato. Avvinghiato a quel corpo grinzoso seduto sulla tazza del cesso, appoggio le labbra sulle palpebre dell’occhio destro. È sempre l’occhio destro il primo, l’antipasto. È Lui che mi comanda di chiudere gli occhi, di attendere il momento. Le sei puntuali. Il risucchio non proviene dai miei polmoni. Quello è il cibo di Ilu Limnu. Il bulbo quando esce dall’orbita fa un curioso “PLOP”. La vittima rimane viva, si dimena, e spesso diventa difficile continuare il rituale. Ma è sempre Lui che comanda il corpo, e quando la mia forza non basta, ci aggiunge un po’ della sua. La sento arrivare attraverso i muscoli, una vibrazione leggermente dolorosa, un flusso d’energia oscura proveniente dall’abisso. Straordinario…
È la volta dell’occhio sinistro. Adesso il flashback mi riporta sulla spiaggia. La bambina è svenuta tra le mie braccia. Con la coda dell’occhio vedo Jeremy che viene verso di me, il volto imbrattato di sangue e materia grigia. Lui ha già finito il suo pasto…
Il risucchio questa volta è più forte. Dannatamente più forte. Non è solo il bulbo oculare a rifluire attraverso la mia bocca, ma l’intero cervello della piccola. La cena del demone.
Il film in bianco e nero è terminato. Mamma è in cucina a prepararsi l’ennesimo sandwich con la mostarda. Se ne mangia tre prima di andare a dormire. Grassona del cazzo! Prima o poi le mangio gli occhi, penso. Ma purtroppo non sono io che decido.
Ecco, c’è il notiziario. Chissà cosa è successo oggi pomeriggio.

- La prossima settimana il capitolo 10 - 

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