sabato 3 ottobre 2009

La babele di carne e catrame: Capitolo III


_______________________________________________

La Babele di Carne e Catrame è un racconto misto a elaborazioni grafiche di  Charles Huxley,
che vi condurrà in un attualissimo futuro.
Edito dalla Edizioni Willoworld attraverso il servizio di autopubblicazione Lulu,
é il secondo lavoro di Valentino Vannozzi, dopo la raccolta di poesie e pensieri intitolata
Alla Ricerca del Dio Senza Croce.
Novocaina vi ripropone questo racconto pubblicando un capitolo alla settimana.
Buona lettura...
_______________________________________________
 
Mi avviai a piedi verso il centro della città. In fondo due passi mi avrebbero svegliato dalla siesta prolungata che ancora intontiva la mia testa.
Le puttane si contendevano i posti migliori sui marciapiedi.
Le “pure” venivano ogni giorno surclassate da chi poteva permettersi esotici innesti, sempre più richiesti dalla clientela, dando così vita a continue risse, alle quali la polizia sembrava arrivare sempre più celere.
Mi imbattei in almeno cinque di queste scene prima di essere avvicinato da uno strano tipo.
-Cerchi roba?- disse. Mi fece vedere il campionario, allargando il cappotto scuro, lungo fino ai piedi.
In una tasca interna era infilato a forza un vecchio lettore ad interfaccia esterna per i neurosogni. Non ci misi molto a capire che i minidisk nelle tasche trasparenti fossero pirata.
-Vendo sogni proibiti, irrealizzabili. Vuoi essere un assassino stanotte? Provare l’emozione dell’ omicidio? Sesso con le mutanti di Golky? Magari una esperienza Rhondyana?-
Non volli neanche sapere cosa fosse una esperienza Rhondyana e lo allontanai col braccio, non senza essere assalito dal dubbio di come fosse una mutante di Golky.


Meglio non fare affari con chi tiene la merce nella tasca del cappotto. Soprattutto con chi la tiene vicino ad una fondina da cui sbuca un grosso calcio di una pistola.
Sicuro che non fosse un pezzo in vendita, accellerai il passo. -Hey amico… Hey, parlo con te!- In tre passi mi fu accanto. Veloce, troppo veloce.
-Hey bastardo, ma chi ti credi di essere, eh!?- Disse sputacchiando nell’aria.
-Capelli curati, vestito fresco e stirato. Che c’è, perché non mi guardi in faccia? Ti fa forse schifo parlare con me? Eh amico, rispondi!- Adesso stava a gambe larghe, davanti a me, bloccandomi il passaggio.
-No, è che… vado di fretta- Balbettai.
Rimpiansi la mezza lattina di Smash lasciata sul tavolino. Non ero pronto per un incontro ravvicinato con un pusher dello sprawl. Maledizione, dove era la polizia quando serviva!?
-Allora bello, vai di fretta… e dove vai, dalle tue amichette della City?- Intanto mi alitava addosso. Odore di marcio
Perché ero venuto fin quaggiù a piedi?
Ah già, i booster. Cazzo.
Perché non ero rimasto a casa?


Le sue pupille erano un puntino nero nel bulbo arrossato, solo adesso mi resi conto della bava bluastra ai lati della bocca. Chissà quanti cartoncini aveva già sciolto sotto la lingua, ed un tipo strafatto di cielo azzurro con una 44 sotto il cappotto non era certo una situazione facile da gestire.
Non so se fu la paura o la sua altezza, perfetta per lo scopo, fatto sta che ancora prima di pensarci sentii il rumore sordo e una fitta sulla fronte. Quando riaprii gli occhi il tipo era steso per terra, col naso appoggiato allo zigomo.
Mi allontanai in fretta, non prima di aver preso un minidisk con su scritto: Mutanti di Golky.
Non si sa mai.


Una macchina mi passò lenta accanto. La musica assordante era arrivata molto prima di lei, sparata con violenza dalle casse dell’auto. Un processore sintetizzava la musica abbinandola direttamente alle immagini catturate intorno ed importate da una piccola telecamera. Tutto questo in tempo reale. “La musica giusta per ogni situazione”. Così diceva lo spot di presentazione dell’ MMRL, il Music Maker Real Life. Era facile accorgersi di quando la musica veniva creata dall’ MMRL, sembrava di stare in un fottutissimo video musicale. Gli occupanti dell’auto ridevano e ballavano, agitandosi sui seggiolini.


Se un piccolo processore poteva creare una musica adatta solo codificando i movimenti, le persone e i colori esterni, chissà cosa sarebbe successo se qualcos’altro avesse potuto codificare le nostre voglie, le insicurezze, il nostro linguaggio del corpo.
Avrebbero potuto fornirci i bisogni.
Chissà se…


Scacciai dalla testa quei pensieri e continuai a camminare. La parte più scura di quello che veniva definito sprawl era alle mie spalle. Ora ero nel centro del livello più trasgressivo della città.
I club che riempivano le strade avevano tutti una lunga fila di persone davanti, in attesa di entrare. Come in uno zoo passai accanto a loro, osservandoli: tatuaggi luminosi, creste, innesti metallici e trasformazioni corporee discrezionali. L’ultima ragazza in fila si girò, guardandomi. Nei suoi occhi scorreva la scritta Underground Mall, seguita da l’indirizzo del megastore. Aveva venduto gli occhi come spazio pubblicitario.
Le chiamavano pubbliche relazioni.


La serata andava peggiorando, mi assalì un senso di malinconia.
Da quanto l’uomo si era scordato chi era?


Ci indicarono una stella. Molti di noi si fermarono ad osservare la punta del dito.


Jack in the box… Jesus… Arrivo, cazzo… Arrivo.
 


Nessun commento:

Posta un commento

Un pessimista è un ottimista ben informato