martedì 16 febbraio 2010

Caduta libera

Respiro ancora, nonostante tutto. Sono fermo, immobile, a terra, forse in una posizione innaturale, e cerco, tra i dolori fortissimi che provo, di capire cosa mai sia successo, anzi, di comprendere com’è possibile che io sia ancora vivo. Un tirante dell’impalcatura ha ceduto, c’è voluto un attimo, neanche il tempo sufficiente ad allungare d’istinto una mano per sorreggermi, sfiorando per ironia quel corrente che avrebbe potuto evitarmi tutto quanto, ed ero nel vuoto, in una stupida, inspiegabile, caduta libera. Sembra quasi uno scherzo, potrei tornare indietro, ad un attimo fa, e continuare a lavorare sulla facciata di quel terzo piano ad applicare l’intonaco, fischiando lentamente qualche canzone, come a volte mi piace fare, e stando ben attento a lisciare bene la malta, che non si noti alcuna strisciata nel lavoro finito, perché io voglio sempre dare un risultato accurato, che tutti restino contenti di quello che ho fatto. Come uno stupido, non mi spiego in alcuna maniera il perché io sia qui, adesso. Sono sicuro che nessuno mi ha visto, ero da solo stamani là sopra, neanche il tonfo è stato avvertito, il rumore di un corpo che cade in questa piccola corte dove non abita ancora nessuno è un niente, un piccolo colpo tra milioni di altri colpi. Potevo allungare di più la mia mano, forse, bastava pochissimo, un niente per neutralizzare questo destino. Invece sono rimasto sorpreso, non avrei mai pensato che potesse accadere una cosa del genere, e se non l’avevo pensata non era neanche vera, non era possibile, per questo sono rimasto troppo ad indugiare, perché non mi pareva possibile che accadesse proprio a me una cosa così. La mia meraviglia era tanta anche mentre volavo, mentre cadevo giù come un sacco di stracci tirati per spregio da una finestra, ancora incredulo, inebetito. Ed adesso ecco qua, tutti i miei sogni, la mia famiglia, il bambino piccolo, tutto finito, per bene che vada resterò invalido, impossibilitato a lavorare, sarò solo un peso per tutti. Adesso tutti i dolori si sono fatti fortissimi, sento che sto per svenire, non resisto, e ancora ripenso a come sia stato possibile in quell’attimo assurdo, che non mi sia reso conto, che sia volato giù senza far niente, che sia stato sconfitto così, senza neanche essermi minimamente difeso. Chissà se perdo sangue da qualche parte, non voglio neanche pensarci, posso morire qui, dissanguato, come un cretino. Poi muovo una mano, mi rendo conto che sono caduto dentro a una piccola aiuola, e la terra ha attutito la botta, altrimenti sarei rimasto spiaccicato sopra il cemento. I dolori sono insopportabili, ma devo resistere adesso, devo fare uno sforzo, abbandonarmi significa perdere tutto. Ho voglia di piangere, di disperarmi, invece devo essere lucido, pensare cosa fare, cercare di richiamare l’attenzione di qualcuno. Mi sento sconfitto, se devo rimanere un peso per tutti preferisco morire, ma come si fa a scegliere, come si fa a decidere che cosa è la vita, cosa ci riserva, quali segreti ha ancora per noi? Devo muovermi, devo pensare a come attirare l’attenzione su me, devo concentrarmi su questo, nient’altro deve passare per la mia testa in questo momento. Poi sento una voce, proprio quando sono preda del panico, e non riesco più neppure a pensare, e ho solo voglia di piangere e di disperarmi. Arriva la barella, qualcuno dice che ci sono fratture, ma non ho perso sangue, non ho sbattuto la testa, ci sono ancora speranze, la vita non mi è parsa mai così bella.

Bruno Magnolfi

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