giovedì 19 agosto 2010

Lenta navigazione nell'oscurità

Lei aveva mosso lentamente la sua mano lasciandola scivolare fuori dal bracciolo della sua poltrona, quasi a simulare un piccolo svenimento della volontà, una via di mezzo tra la rilassatezza e il disagio. Lui aveva captato quell’insignificante movimento pur senza volgere lo sguardo dal panorama di fronte, immaginando con facilità lo stato d’animo da cui era pervasa ed il significato che poteva assumere quell’ostinato restarsene in silenzio. La terrazza era fresca in quella tarda serata d’agosto, dopo uno dei tanti pomeriggi torridi, e le fioche luci attorno alle poltrone di vimini lasciavano provare il senso di una lentissima navigazione nel cielo notturno, impreziosita da miriadi di stelle.

Lui accese una delle sue sigarette, aggiunse un cubetto di ghiaccio dentro al bicchiere, poi si alzò dal suo posto, solo per andarsi ad appoggiare con gli avambracci alla ringhiera di ferro battuto. La collina di fronte, con il suo profilo scuro appena visibile, sembrava voler contenere lo sciame liquido dato dalle luci della città poco lontana, e l’assenza quasi totale dei rumori del traffico, che fin lì non riuscivano ad arrivare, pareva una sorta di sospensione del tempo.

Si volse verso di lei, con calma, senza un motivo, e sorrise, evitando di guardarla, ma tenendo gli occhi sopra al bicchiere che ancora teneva nella sua mano. Si sarebbe atteso una domanda, una parola che gli desse la possibilità di spiegare il motivo per cui stava ridendo, ma lei restò immobile, senza dire niente, nella medesima posizione. “Finisco la mia sigaretta e poi rientro”, disse allora lui appoggiando il bicchiere ormai vuoto sul basso tavolo che aveva di fronte. “Ho voglia di fare una doccia e andarmene a letto a leggere un libro”.

Le sue parole gli parvero quasi una battuta di un vecchio film che aveva visto da poco, e la sua voce si spense rapidamente contro la notte che adesso aveva preso quasi ad opprimere con la sua oscurità. Spense la sua sigaretta schiacciandola nel grosso posacenere in vetro, dette un’occhiata sfuggente verso di lei che continuava a restare immobile e ad osservare nel vuoto, poi disse: “Vado”, e rientrò.

Fu solo quando si era già preparato l’accappatoio e stava per entrare sotto alla doccia che un dubbio lo prese: così tornò indietro, con la camicia ormai sbottonata, l’abbronzatura del torace evidente, il fare di chi si è appena goduto una bella giornata. Si affacciò alla porta della terrazza, vide che lei era ancora nella medesima posizione, e così disse: “Stai bene, vero?”, ma non ricevette alcuna risposta.

Bruno Magnolfi

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